DOMANDE FREQUENTI - CELIACHIA
Per ricevere i buoni mensili, il celiaco neodiagnosticato deve recarsi presso gli uffici preposti dell’Azienda USL di residenza con:
- il certificato sanitario, rilasciato da un medico di struttura pubblica, che attesta la presenza della celiachia
- il piano terapeutico per la fornitura degli alimenti privi di glutine.
A questo punto viene fornito il codice PIN ovvero il codice numerico personale da utilizzare abbinato alla propria Tessera Sanitaria per rifornirsi di prodotti alimentari specifici privi di glutine (si troverà comunque anche nel Fascicolo Sanitario Elettronico per chi lo avesse già attivato).
La presentazione di questi documenti consente, inoltre, di ottenere l’esenzione dal pagamento del ticket per tutte le prestazioni sanitarie utili al monitoraggio della malattia.
Se alla data del 1° giugno 2019 era già stata diagnosticata la celiachia, e si era già in possesso dei buoni spesa cartacei, il codice PIN celiachia è stato rilasciato automaticamente dall’Azienda USL:
– o tramite Fascicolo Sanitario Elettronico, per chi lo ha attivato, accedendo al “Profilo” – sezione “Celiachia”
– o tramite posta ordinaria, all’indirizzo di residenza/domicilio, per chi non ha attivato il Fascicolo Sanitario Elettronico.
Per poter utilizzare il proprio budget mensile elettronico, la persona con celiachia deve recarsi nel punto vendita prescelto portando con sé la propria Tessera Sanitaria e il Codice PIN.
Alle casse del punto vendita convenzionato è sufficiente:
– comunicare di voler usufruire del budget per il pagamento dei prodotti privi di glutine
– inserire nell’apposito dispositivo la propria Tessera Sanitaria e digitare il codice PIN celiachia.
Lo scontrino rilasciato indica la cifra residua del budget mensile favorendo un controllo preciso e puntuale.
I buoni possono essere spesi in tutte le farmacie e nei negozi specializzati e supermercati convenzionati con le AUSL emiliano-romagnole.
Per maggiori informazioni è possibile rivolgersi alla propria AIC Locale di riferimento.
Al momento, per poter utilizzare il buono fuori regione, è necessario verificare presso l’AUSL dove ci si trasferisce se esiste questa possibilità. Consigliamo di rivolgersi all’AIC locale per avere maggiori informazioni. Scopri le AIC regionali.
Come indica la Determina n. 23607 del 18 dicembre 2019, per poter usufruire del buono mensile in Emilia Romagna, il cittadino non residente deve prendere domicilio e assistenza sanitaria (ovvero il medico di famiglia) in Emilia Romagna. Dovrà comunicare alla nuova AUSL di assistenza l’intenzione di spendere i buoni mensili sul territorio: la AUSL di assistenza si attiverà nei confronti dell’AUSL di residenza per il rimborso dei prodotti erogati.
Con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 12 Gennaio 2017 la celiachia è inserita nell’elenco delle malattie croniche e viene confermata l’erogazione gratuita degli alimenti senza glutine. La nuova disciplina prevede anche l’erogazione in regime di esenzione per gli esami del follow-up, che potranno essere prescritti dal Medico di Medicina Generale o dal Pediatra di libera scelta.
Tutta la fase diagnostica è invece in compartecipazione della spesa sanitaria: in Emilia Romagna è prevista la prestazione di laboratorio ‘CELIACHIA DIAGNOSI – Reflex’, (codice 9053DR, tariffa 19 euro).
Sì, infatti esiste una norma, la legge 123/2005, che prevede che nelle mense scolastiche, ospedaliere e in quelle delle strutture pubbliche (ad esempio luoghi di lavoro appartenenti alla Pubblica Amministrazione, mense per il personale degli ospedali e caserme) debbano essere somministrati anche pasti senza glutine su richiesta degli interessati. Tale norma garantisce il diritto del soggetto celiaco ad avere un pasto sicuro senza glutine nei suddetti refettori che l’Asl di Ferrara, in quanto organo di controllo preposto, sottopone a controlli ispettivi.
Le mense universitarie dovrebbero ricadere di fatto nel campo di applicazione della legge 123/2005, quindi è importante esplicitare l’esigenza di pasti senza glutine al momento dell’iscrizione, al fine di permettere al personale della ditta di ristorazione di attrezzarsi adeguatamente.
La Legge 123/2005 non è applicabile, al contrario, alle mense delle strutture private; ciononostante numerose mense aziendali garantiscono questo servizio, grazie anche alla sensibilizzazione svolta delle AIC Locali e dalle organizzazioni dei lavoratori.
Dal 2019 in Emilia Romagna sono in vigore le ‘Linee di indirizzo per la diagnosi e il follow up della celiachia nel bambino e nell’adulto‘, approvate con delibera di Giunta regionale n. 1765 del 21 ottobre 2019 nel quadro delle Linee guida per la diagnosi e il follow up della celiachia contenute nell’accordo Stato-Regioni del 30 luglio 2015 (Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 191/2015).
Il percorso diagnostico prevede la prestazione di laboratorio ‘CELIACHIA DIAGNOSI – Reflex’, (codice 9053DR, tariffa di 19 euro), che può essere prescritta dal Medico di Medicina Generale o dal Pediatra di libera scelta e che, attraverso l’esame sierologico, individua il dosaggio degli anticorpi anti Transglutaminasi IgA e delle IgA totali e, solo nel caso in cui dovessero emergere valori al di fuori della norma, prevede l’esecuzione automatica sullo stesso campione di ulteriori esami da eseguire a cascata in modalità reflex. In caso di valori positivi, completano l’iter la visita gastroenterologica e la biopsia duodenale. In età pediatrica si esclude la biopsia duodenale soltanto qualora gli anticorpi antitransglutaminasi (AtTG) IgA siano 10 volte superiori al cut-off e siano confermati dalla positività degli EMA.
L’iter diagnostico va fatto a dieta libera, ovvero non escludendo il glutine. Se ci si trova in dieta senza glutine da mesi o anni, per arrivare a una diagnosi certa è necessario seguire il Protocollo di reintroduzione del glutine.
Non si può, in quanto è una condizione cronica. L’unica terapia ad oggi conosciuta ed efficace per la remissione dei sintomi e la prevenzione delle complicanze è l’adozione di una dieta senza glutine condotta in modo rigoroso e per tutta la vita.
La Società Europea di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica raccomanda di non ritardare l’epoca di introduzione del glutine, che può essere inserito nella dieta del divezzo in un periodo variabile tra 4,5 e 12 mesi di vita. Ciò in quanto le evidenze scientifiche ad oggi mostrano che un’introduzione tardiva del glutine nella dieta non modifica il rischio di sviluppare la malattia, ma ne ritarda solamente la manifestazione. Il fattore maggiormente determinante per l’insorgenza della celiachia nei bambini è rappresentato essenzialmente dalla predisposizione genetica.
In caso di ingestione accidentale di glutine potrebbero insorgere sintomi, quali dolori addominali, diarrea, cefalea, destinati a risolversi spontaneamente nel giro di qualche ora. Nei casi in cui ciò non dovesse succedere, è consigliabile rivolgersi al proprio medico curante per le opportune terapie sintomatiche.
Si tratta purtroppo di una situazione abbastanza frequente per la quale non vi sono trattamenti specifici da mettere in atto che possano bloccare l’azione del glutine.
Fortunatamente la ripresa di una rigorosa dieta priva di glutine risolverà sia i sintomi che il danno provocato alla mucosa.
Diversamente, le trasgressioni volontarie alla dieta senza glutine potrebbero causare un’infiammazione cronica della mucosa intestinale, anche in assenza di sintomi. E’ fondamentale pertanto che il soggetto celiaco eviti rigorosamente tutte le possibili fonti di contaminazione e qualsiasi trasgressione, se pur saltuaria.
No, il glutine inalato non rappresenta un rischio per il soggetto celiaco, in quanto è tossico solo se ingerito.
Seguire una dieta senza glutine, in presenza di diagnosi accertata di celiachia, non comporta rischi di carenze nutrizionali, purchè si segua un’alimentazione varia ed equilibrata e si introducano tutti i gruppi alimentari nelle giuste porzioni e frequenze.
In particolare è essenziale privilegiare il consumo di verdura, frutta, cereali e pseudocereali naturalmente senza glutine (ad esempio riso, mais, grano saraceno, quinoa, amaranto, sorgo) laddove possibile anche nella loro versione integrale. La composizione nutrizionale dei prodotti appositamente formulati per celiaci presenta delle differenze rispetto a quella degli analoghi convenzionali, ma non in modo sistematico e non tale da giustificare la demonizzazione generalizzata degli alimenti senza glutine. Alcune differenze, infatti, possono essere facilmente gestite dal consumatore stesso tramite una corretta gestione della dieta e una scelta consapevole degli alimenti anche attraverso un’attenta lettura delle etichette.
Assolutamente sì, è consentito e raccomandato, come per tutte le persone sane, a patto che il soggetto celiaco segua una rigorosa dieta senza glutine. Ciò in quanto alcuni sintomi e conseguenze della celiachia, quali affaticabilità, astenia, artralgia, artrosi, anemia o osteoporosi, possono influenzare negativamente la performance fisica. Quando però si adotta una corretta terapia dietetica, tali sintomi e segni regrediscono e non sussiste alcuna controindicazione all’attività fisica e alla pratica di qualsiasi sport, a qualsiasi livello.
AIC ha realizzato la Guida Sport & Celiachia, proprio per rimarcare l’importanza dell’attività fisica come strumento fondamentale di prevenzione e promozione della salute.
Se un prodotto alimentare non riporta in etichetta il claim “senza glutine” e non compare il glutine né tra gli ingredienti né con la dicitura “può contenere...”, non è possibile stabilire se l’alimento è sicuro per il celiaco e quindi il consiglio è sempre quello di non consumarlo. Ciò non significa che il prodotto sia certamente non idoneo ma non sussiste la certezza della sua sicurezza per il soggetto celiaco.
La legge (Reg. UE 828/2014) permette alle aziende di riportare la dicitura “senza glutine” in caso di assenza di ingredienti contenenti glutine e garanzia del processo produttivo entro il limite dei 20 ppm.
L’inserimento del claim in etichetta però è volontario, pertanto l’azienda può decidere di non riportarla perché il prodotto non è idoneo ai celiaci o perché non è interessata a dichiararlo come tale. In mancanza della dicitura “senza glutine”, la sola assenza di riferimenti al glutine tra gli ingredienti non può essere intesa come assoluta certezza di sicurezza del prodotto. La norma europea sugli allergeni (Reg. UE 1169/2011) infatti prevede l’obbligo di indicare tutti gli ingredienti allergizzanti, tra cui i cereali contenenti glutine, volontariamente aggiunti ad un alimento. Purtroppo però la norma non regolamenta l’informazione riguardante l’eventuale contaminazione, per cui le aziende non sono obbligate a indicare in etichetta la potenziale presenza di tracce di allergeni (con l’utilizzo della dicitura “può contenere tracce di….”), sebbene molte si impegnino a farlo.
Si, è consentito.
Il lievito industriale compresso, impiegato nella panificazione e venduto in panetti è chiamato anche “lievito di birra”. Il termine “birra” non deve trarre in inganno il consumatore, in quanto oggi il lievito non è più ottenuto utilizzando sottoprodotti della lavorazione della birra, ma è costituito unicamente da colture selezionate di lieviti appartenenti alla specie Saccaromyces cerevisiae; pertanto non vi è pericolo di presenza di glutine nel lievito di birra fresco, secco o liofilizzato.
Va invece posta attenzione al lievito fresco liquido, in quanto non trattandosi di lievito puro, ma di una preparazione multingrediente, è da considerare “a rischio” per il consumatore celiaco e idoneo solamente se riporta la dicitura “senza glutine” in etichetta.
Il “lievito chimico” (o “agenti lievitanti”) è una polvere utilizzata per la produzione industriale di pane in cassetta, biscotti ed altri prodotti dolciari o a livello domestico, costituito da bicarbonato a cui si aggiunge una sostanza acida ed eventualmente amido e/o fecola. È dunque considerato “a rischio” e idoneo solo se riportante la dicitura “senza glutine” in etichetta.
Il “lievito madre”, detto anche “lievito acido”, è costituito da un impasto di acqua e farina che viene lasciato per qualche tempo all’aria per arricchirsi dei lieviti presenti nell’ambiente. E’ chiaro che questo prodotto non è di per sé idoneo per il consumatore celiaco. Tuttavia è possibile ottenere un lievito che può essere definito “madre” ma che sia senza glutine, qualora l’impasto lasciato all’aria per arricchirsi di lieviti sia costituito da acqua e farina senza glutine.
Quindi, se tra gli ingredienti di prodotti sostitutivi senza glutine è presente la dicitura “lievito madre”, tale lievito va inteso come “gluten free”, mentre il “lievito madre” impiegato nella produzione di alimenti tradizionali resta un ingrediente non idoneo per i celiaci.
Il glutammato monosodico (E621) ed altri additivi a base di glutammato (ad es. glutammato monopotassico E622, diglutammato calcico E623, glutammato monoammonico E624 e diglutammato di magnesio E625) vengono impiegati come “esaltatori di sapidità. L’acido glutammico viene prodotto industrialmente tramite fermentazione batterica di un substrato costituito da zuccheri, melassa o amido, con produzione di acido glutammico che, nonostante il nome, non è correlato al glutine e non è quindi tossico per il celiaco. Come per tutti gli additivi, però, non è possibile escludere a priori il rischio di contaminazione da glutine, ma è necessaria la verifica del prodotto specifico (per esempio: dadi da brodo, estratti di carne, insaporitori) per escludere rischi di contaminazione accidentale.
Nel latte per la prima infanzia (0-6 mesi e 6-12 mesi) è vietato per legge l’impiego di ingredienti contenenti glutine (alimento “permesso”). Il latte di crescita (1-3 anni), invece, è considerato un alimento “a rischio” e se ne consiglia il consumo solo se riportante in etichetta la dicitura “senza glutine”.
KAMUT® è un marchio registrato della società americana KAMUT International che identifica una varietà di grano duro. Il KAMUT® è un cereale che contiene glutine e, come tale, è vietato per il soggetto celiaco.
L’amido è un carboidrato complesso costituito da più molecole di glucosio e si trova in cereali, tuberi e legumi. L’amido presente in commercio si ricava principalmente dal mais (maizena), dal frumento, dalla patata (fecola) e dal riso (più raramente).
L’amido di derivazione da cereali si ottiene dalla lavorazione dei chicchi, che comporta varie fasi: i chicchi vengono prima immersi in soluzioni apposite per essere ammorbiditi, poi vengono macinati e trasformati in una sospensione diluita continuamente scremata; infine l’amido viene separato tramite sedimentazione o centrifugazione, poi essiccato e polverizzato. Il prodotto finale è costituito dalla parte polisaccaridica della cariosside più alcune tracce di altri elementi che la costituiscono. Tra queste è presente il glutine, qualora l’amido derivi dal frumento, pertanto il Ministero della Salute italiano ha escluso per anni questo ingrediente dalla preparazione di prodotti per celiaci.
Tuttavia, essendo l’amido di frumento anche un utile ingrediente per i prodotti da forno (ne migliora notevolmente la palatabilità), i produttori hanno sviluppato, grazie a nuove tecnologie produttive, un amido di frumento cosiddetto “deglutinato”, cioè con contenuto di glutine inferiore ai 20 ppm, che permette la realizzazione di prodotti idonei al consumatore celiaco.
Riguardo gli amidi modificati, la specifica ‘modificato’ sta ad indicare processi produttivi di alterazione chimica e/o fisica dell’amido con la finalità di migliorare la resa del prodotto finale, ma tali variazioni non incidono sul contenuto in glutine.
In definitiva, tutti gli amidi derivati da materie prime naturalmente prive di glutine (mais, patata, riso) sono idonei per il celiaco se riportanti in etichetta la dicitura “senza glutine” poiché, a causa della promiscuità di molti stabilimenti produttivi dell’industria alimentare, potrebbero essere a rischio di contaminazione. L’amido di frumento, modificato o no, resta un prodotto non idoneo al celiaco a meno che non si tratti di amido deglutinato.
Oggi sono ampiamente reperibili sul mercato prodotti diversi dal comune zucchero da tavola (saccarosio), quali il destrosio, ovvero glucosio prodotto a partire da amido dei cereali (principalmente dal mais) e il fruttosio, ossia lo zucchero della frutta, che non contengono glutine. Oltre a questi sono presenti diversi tipi di dolcificanti composti da altri ingredienti, il cui consumo è consigliato solo previa verifica della dicitura “senza glutine” in etichetta.
Un esempio sono i prodotti “a base di stevia” o definiti “stevia”, che non sono puri ma addizionati di altri ingredienti.
Viene invece considerata permessa al celiaco la stevia pura, in foglie intere, essiccate o polverizzate (ma senza l’aggiunta di altri ingredienti/coadiuvanti) oppure la stevia fresca (pianta).
Ad ogni modo, per il consumo di questi specifici prodotti è sempre buona norma attenersi alle disposizioni del medico curante e alle avvertenze riportate in etichetta.
No, non è necessario, anzi è una pratica inutile e anche costosa. Stoviglie, pentole e utensili, se ben puliti (lavati a mano o in lavastoviglie), non contengono residui apprezzabili di glutine. Lo stesso vale per le spugne, per cui è sufficiente un accurato risciacquo in acqua corrente per allontanare gli eventuali residui alimentari. Una particolare attenzione va posta per gli utensili forati, come ad esempio lo scolapasta, la cui pulizia può risultare più difficoltosa, ma anche in questo caso un accurato lavaggio a mano o in lavastoviglie permette una buona pulizia.
In linea generale sì.
Nella vendita a banco di salumi e insaccati previa affettatura, nella GDO e nei negozi di generi alimentari, non sussistono rischi di tossicità da contaminazione per contatto con affettatrici destinate ad uso promiscuo.
Una particolare attenzione va posta tuttavia qualora l’operatore vicino all’affettatrice dovesse manipolare pane per la preparazione di panini imbottiti o siano presenti piatti pronti al consumo, come ad esempio nei reparti di salumeria/gastronomia.
Nel forno di casa è possibile, facendo attenzione nel maneggiare le teglie per evitare che residui con glutine ricadano sugli alimenti senza glutine. E’ consigliabile quindi riporre le pietanze senza glutine nei ripiani più alti e quelli con glutine su quelli più bassi ed utilizzare carta forno o fogli di alluminio quando si appoggia l’alimento senza glutine direttamente su superfici di difficile pulizia (es. piastra o griglia del forno) che potrebbero essere contaminate.
I guanti monouso sono trattati internamente con amido per facilitarne la calzatura. Normalmente l’amido è di mais e, ad ogni modo, non sussiste il rischio di contaminazione accidentale degli alimenti durante la lavorazione se i guanti sono usati correttamente. Si consiglia cautela nel momento in cui vengono sfilati dalle mani, evitando di eseguire questa operazione proprio al di sopra di una pietanza senza glutine.
Ultimo aggiornamento: 03 aprile 2025, 14:10