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Si avvia alla conclusione il percorso "Il Teatro della Mente nel Teatro del Corpo", un innovativo progetto di teatro e salute mentale volto a rafforzare le competenze personali e relazionali attraverso i linguaggi scenici e a costruire reti di supporto sociale. Il progetto, avviato il 17 febbraio presso il Centro Teatro Universitario di Ferrara con incontri settimanali, culminerà con una dimostrazione pubblica finale, aperta a tutta la cittadinanza.

L'evento si terrà lunedì 23 giugno alle ore 21:00 presso il Centro Teatro Universitario (Via Savonarola 19). Sarà un'occasione per mostrare il lavoro svolto dai partecipanti e per testimoniare l'efficacia del teatro come strumento di benessere e inclusione.

Alla conferenza stampa tenutasi venerdì 13 giugno presso la Sala Riunioni dell'Area Monumentale del Complesso di San Bartolo sono intervenuti Cristina Coletti, Assessora alle Politiche Socio-Sanitarie del Comune di Ferrara; Nico Landi, Responsabile del Dipartimento Assistenziale, Tecnico, Riabilitativo, della Prevenzione e del Sociale - Area delle Professioni - Azienda Usl Ferrara; Giuseppe Lipani, Direttore del Centro Teatro Universitario di Unife; rappresentante Attività Didattiche Cds in Tecnica della Riabilitazione Psichiatrica; Elisa Veronesi, Segreteria SPI CGIL Ferrara; Daniela Libanori, Referente del gruppo di auto mutuo-aiuto La Formica; Michalis Traitsis, Presidente di Balamòs Teatro.

Una Rete di Enti e Finanziamenti per il Benessere

Il progetto "Il Teatro della Mente nel Teatro del Corpo" è il risultato della collaborazione di importanti enti e soggetti del territorio accomunati da un impegno congiunto, sia ideativo che finanziario, attorno ai temi cruciali della salute mentale, del benessere e dell’inclusione sociale.

Tra i soggetti promotori dell'esperienza laboratoriale e di advocacy per la salute mentale: il Centro Teatro Universitario dell’Università di Ferrara, il Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche dell'Azienda USL di Ferrara, il sindacato SPI Cgil Ferrara, il Comune di Ferrara e il gruppo di auto mutuo aiuto La Formica. A condurre l’intero percorso e a dirigere la restituzione finale sono stati Michalis Traitsis e Patrizia Ninu di Balamòs Teatro.

Questa sinergia tra istituzioni universitarie, sanitarie, organizzazioni sindacali, l'amministrazione comunale e realtà del sociale afferma l’importanza di un approccio integrato alla salute mentale, riconoscendo il ruolo fondamentale delle discipline artistiche nel percorso terapeutico e riabilitativo e guardando alla salute e al benessere come beni comuni.

L'utilità del Teatro con Pazienti Psichiatrici

Il teatro si rivela uno strumento estremamente prezioso nel contesto della salute mentale. Attraverso la pratica teatrale, i partecipanti al progetto hanno avuto modo di migliorare significativamente le proprie capacità di comunicazione, osservazione, ascolto, relazione e gestione delle emozioni. Il palcoscenico si pone in una prospettiva pedagogico-formativa   come spazio sicuro in cui esplorare nuove identità, superare barriere e sviluppare nuove modalità di interazione con gli altri.

Questo approccio favorisce non solo la crescita individuale e collettiva, ma anche la creazione di comunità più aperte e inclusive, protese a contrastare lo stigma associato ai disturbi psichiatrici. Il progetto ha coinvolto attivamente operatori sanitari, studenti del corso di laurea in Tecniche della Riabilitazione Psichiatrica dell'Università di Ferrara, utenti dei servizi, familiari, caregiver e cittadini, secondo un modello    integrato e compartecipativo dei percorsi di cura e di promozione sociale.

Il progetto "Il Teatro della Mente nel Teatro del Corpo" è un esempio concreto di come l'arte possa essere un potente veicolo per la trasformazione personale e sociale, in grado di      favorire il benessere psicologico e sostenere la creazione di legami significativi all'interno della comunità.

NOTA DI REGIA

“da una fenditura può entrare una luce, uno sguardo, una voce.
da una fenditura può uscire un grido, una melodia, un cavallo blu”

Fenditure

uno studio teatrale dal progetto “Il teatro della mente nel teatro del corpo” dedicato alla memoria di Giuliano Scabia e rivolto a operatori sanitari, utenti dei servizi, familiari, studenti universitari, cittadinanza

promosso da: Centro Teatro Universitario dell’Università di Ferrara, Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze Patologiche Azienda USL di Ferrara, SPI Cgil Ferrara,  Comune di Ferrara, La Formica, Balamòs Teatro

diretto da: Michalis Traitsis

collaborazione artistica: Patrizia Ninu

foto: Andrea Casari

video: Marco Valentini

con: Rosangela Bueno De Andrade, Enrico Diegoli, Andrea Ferretti, Daniela Libanori, Chiara Marino, Valeria Milani, Alessandro Moroni, Patrizia Ninu, Riccardo Ravani, Elisa Veronesi, Annalisa Vizziello

Lunedì 23 giugno, ore 21.00, Centro Teatro Universitario (Via Savonarola 19), ingresso libero

Fenditure è uno studio teatrale germogliato in poco tempo ma nutrito con cura dalla profondità della ricerca, dalla trama sottile delle relazioni e dalla tenace volontà di dargli vita.

È frutto di un laboratorio che ha coinvolto persone con problematiche psichiatriche, familiari, cittadini e operatori del Servizio di Salute Mentale, terapisti della riabilitazione, sindacalisti. In questa prima fase la valenza prioritaria era formativa e riconosciuta con crediti formativi dallo stesso Servizio di Salute Mentale e dall’Università. Si è trattata di una esperienza feconda e potente sia da un punto di vista espressivo che relazionale: nel mettersi in gioco di tutti, nell’esserci attento e partecipato di ciascuno, senza differenziazioni di sorta e collaborando insieme a un affresco comune dove la creatività si è confermata come risorsa efficace per il benessere personale e collettivo, al di là delle condizioni fisiche e psicologiche di ciascuno.

Successivamente si è avviata la seconda fase di lavoro, con un gruppo più ristretto di pazienti, familiari, operatori del Servizio o in formazione, cittadini e sindacalisti.

La scelta del lavoro si è orientata sul complesso tema della “follia”, non tanto e non solo come “malattia” ma come un particolare modo di stare al mondo.

Punti di partenza: l’eredità di Franco Basaglia, di Franca Ongaro e di quella moltitudine di operatori, artisti e pazienti che hanno reso possibile non solo la chiusura dei manicomi ma anche la nascita delle equipe multi-professionali, dei centri territoriali di salute mentale e tanto altro ancora. Un nuovo modo di guardare alla follia, portando alla luce i diritti negati dei pazienti, contrapponendo il sapere al potere, mettendo al centro la persona e l’etica dell’incontro. E poi Marco Cavallo, il grande cavallo blu costruito dai pazienti del manicomio di Trieste diventato il simbolo di tutti gli esclusi, della possibilità di cambiamento, di uno squarcio di vita possibile, di superamento della diffidenza verso il “diverso”, di trasformazione di solitudini in embrioni di comunità.

Ne abbiamo riletto la storia, non per nostalgia ma con la consapevolezza che forse, come in una vecchia canzone, un sogno così non ritornerà mai più ma proprio per questo è importante non dimenticare. E tenere alto il cavallo blu sulla testa, come in un dipinto.

Pur nel timore del poco tempo a disposizione, si è scelto di mettere da parte il pensiero dell’esito finale, privilegiando l’alfabeto delle relazioni, l’incoraggiamento reciproco, la tenacia anche nei momenti di difficoltà e spaesamento, le riflessioni condivise - in particolare sulle ripercussioni della riforma dell’epoca nel presente - la disciplina come strumento di concentrazione e approfondimento, il divertimento come antidoto a resistenze, difficoltà, fragili autostime.

Si è scelto di dare alla ricerca un taglio leggero, pur nella consapevolezza che parlare di follia è quasi sempre parlare di dolore e di esclusione. Da qui l’alternanza di composizioni drammatiche - come lo erano alcuni strumenti del passato - ad altre ironiche, “folli”, non per negare il dolore ma per provare a guardarlo da un’altra angolazione.

E l’esplorazione e la ricerca di personaggi noti, meno noti, sconosciuti, definiti folli, che hanno lasciato attraverso le loro opere un’eredità preziosa.

Si è voluto mettere in luce soprattutto il profilo creativo: la “follia” come possibile spinta propulsiva, come possibile forza generatrice di cambiamento, di arte, di poesia.

E poiché la funzione primaria del teatro è suscitare domande, la nostra è stata: cosa resta?

*comunicato a cura SPI CGIL Ferrara

A cura di

Ufficio Stampa

Via Cassoli, 32
44123 - Ferrara

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Ultimo aggiornamento: 13 giugno 2025, 15:27