Rubrica a cura del Dipartimento di Sanità Pubblica - U.O.C. Igiene Pubblica

Il cloro è un ottimo disinfettante, utilizzato per il mantenimento di requisiti di salubrità di acque potabili e piscine. La capacità ossidante del cloro danneggia le strutture cellulari dei batteri e virus, portando alla loro scomparsa.
Ad influenzare la capacità disinfettante vi sono diversi fattori, tra cui Ph e temperatura.
Ad esempio, la sua efficacia diminuisce all’aumentare della temperatura. Il calore, infatti, riduce la capacità disinfettante del cloro, come conseguenza della sua degradazione.
Tali condizioni possono presentarsi soprattutto nelle vasche esposte per molte ore alla luce solare.

Dal punto di vista chimico, il cloro a contatto con l’acqua forma acido ipocloroso (HClO), protagonista della disinfezione.

Il cloro nelle piscine può trovarsi in 3 diverse forme:

  • Cloro Libero;

  • Cloro Combinato;

  • Cloro Totale

Il cloro libero, o cloro attivo è la percentuale di cloro in grado di mantenere il potere disinfettante. Il termine “libero” deriva dall’assenza di legame delle molecole di cloro con le sostanze organiche. Di conseguenza, risulta essere l’unica forma in grado di combattere virus e batteri, contribuendo al mantenimento dei requisiti di salubrità dell’acqua.

Il cloro combinato, invece, rappresenta la quantità di cloro che reagendo con le sostanze inorganiche e organiche presenti nell’acqua, libera le clorammine.
La presenza di questi composti è riconducibili alle molecole di azoto contenute in sostanze come sudore, urina, cosmetici.

Infine, il cloro totale è la somma del cloro libero e combinato e rappresenta l’insieme delle sostanze contenenti cloro presenti nell’acqua di vasca.

Al fine di contrastare il rischio di effetti indesiderati nei bagnanti (tra cui irritazioni alla cute e agli occhi o dermatite nei casi più gravi), il Ministero della Salute, in accordo con le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, nell’Accordo Stato-Regioni del 16 gennaio 2003, ha previsto il monitoraggio da parte dei gestori e i valori limite per i parametri del cloro libero e del cloro combinato, misurati in mg/l.

CLORO ATTIVO LIBERO compreso tra 0,7 e 1,5 mg/l

CLORO ATTIVO COMBINATO inferiore a 0,4 mg/l

Il pH è una grandezza fisica che indica il grado di acidità o basicità di un liquido. Nel caso degli impianti natatori i valori di riferimento, previsti dall’Accordo Stato Regioni del 2003, sono compresi tra il 6,5 e 7,5.

Infatti, valori di pH più elevati contribuirebbero a diminuire l’efficacia del cloro, fino ad azzerarlo.
Viceversa, la presenza di valori inferiori a 6,5 potrebbero provocare problemi quali irritazione della pelle o corrosione delle strutture della vasca.

Il pH, unitamente ai parametri del cloro e la temperatura, deve essere monitorato e tracciato da parte del gestore durante le ore di apertura dell’impianto.

I prodotti chimici consentiti come correttori di pH dall’Accordo Stato Regione del 16 gennaio 2003 sono i seguenti:

·       Acido Cloridrico;

·       Acido Solforico;

·       Sodio Idrossido;

·       Sodio Bisolfato;

·       Sodio Bicarbonato.

All’interno di un impianto natatorio la sicurezza non va intesa solo come il mantenimento dei parametri dell’acqua di vasca, ma come un insieme di condizioni idonee a garantire la salvaguardia dei bagnanti in tutte le zone della vasche.
A tal proposito, il regolamento della piscina ricopre un ruolo fondamentale. È importante riportare, tra le altre cose, le seguenti informazioni:

·       Modalità di accesso e comportamento dei bagnanti;

·       Orari di apertura;

·       Numero massimo di utenti;

·       Indicazioni di profondità della vasca;

·       Indicazioni di divieto (tuffi, correre sul bordo vasca);

·       Uso di galleggianti per chi non sa nuotare;

·       Presenza assistente bagnante.

E’ necessario che il regolamento sia esposto e mantenuto in una zona dell’impianto visibile ai bagnanti.

I galleggianti salvagente devono essere sempre nelle immediate vicinanze del bordo vasca in modo da risultare facilmente reperibili nei casi di emergenza.

Inoltre, ricopre un ruolo cruciale la disponibilità dei presidi di primo soccorso, le cui date di scadenza devono essere monitorata periodicamente. La loro presenza garantirebbe una tempestiva gestione delle situazioni di emergenza, da piccoli traumi a malori potenzialmente fatali.

Il gestore è responsabile del mantenimento dei presidi e del loro corretto funzionamento.

Dal punto di vista sanitario, la normativa vigente richiede la presenza di un locale di primo soccorso facilmente accessibile e con servizi igienici dedicati. Nei casi di emergenza gravi, gli assistenti bagnanti a servizio della piscina devono essere in grado di fornire supporto nelle azioni di primo soccorso in attesa del personale sanitario.

I cambi di profondità rappresentano non solo una differente struttura architettonica della vasca, ma anche un sistema di sicurezza. Infatti, permettono alle diverse fasce d’età dei bagnanti di occupare uno spazio adatto alle proprie esigenze.

Il bordo vasca deve essere dotato di marcature per i cambi di profondità, allo scopo di informare e garantire la sicurezza di chi preferisce usufruire della profondità più bassa. Le stesse indicazioni di sicurezza sono un importante informazione per gli assistenti bagnanti nei casi di emergenza in vasca.

A tal proposito, risulta fondamentale garantire la vigilanza attiva dell’area piscina e, quando previsto, assicurare la presenza dell’assistente bagnanti.

Ai sensi della D.G.R 1092/2005, “la presenza dell’assistente bagnante può non essere obbligatoria nelle strutture ricettive ad uso esclusivo degli ospiti e dei clienti della struttura stessa (Piscina A2.2), purché in presenza delle seguenti condizioni:

· Piscina con vasca inferiore a 100 mq e profondità non superiore a 140 cm;

· Almeno due lati del bordo vasca liberi da ostacoli;

· Vigilanza adeguata anche con idonei sistemi di controllo e/o di allarme da postazione presidiata. Nel caso in cui la vigilanza non sia continuativa, i frequentatori devono essere informati;

· Presenza di personale addetto ad interventi di pronto soccorso, debitamente formato secondo quanto prevede la normativa vigente, prontamente disponibile durante le ore di apertura della piscina.”

Un ulteriore misura atta a diminuire il rischio di incidenti nel bordo vasca è la presenza di superfici calpestabili antiscivolo e antisdrucciolo. Inoltre, tra le altre misure necessari, è necessario garantire che i materiali in metallo siano resistenti alla corrosione. Di conseguenza, diviene fondamentale attuare un piano di manutenzione periodica dell’impianto al fine del controllo del mantenimento dei requisiti strutturali.

Il piano di autocontrollo è un documento che ha lo scopo di individuare i pericoli, valutare i rischi e predisporre l’applicazione di eventuali misure correttive, con il fine di garantire la sicurezza dei bagnanti. La redazione dello stesso è a carico del responsabile dell’impianto, che ha l'obbligo di conservarlo presso l'impianto e renderlo accessibile alle autorità competenti.

Tra i contenuti del piano è importante che siano presenti:

· Schema dell’impianto;

· Organigramma;

· Analisi dei pericoli presenti nell’impianto natatorio;

· Individuazione dei punti o delle fasi in cui tali pericoli sono presenti;

· Individuazione dei punti critici;

· Predisposizione di un sistema di monitoraggio;

· Applicazione tempestiva ed efficace di eventuali azioni correttive;

· Modalità di verifica del piano;

Il piano di autocontrollo è un documento che andrà aggiornato solo in caso di variazione dei processi lavorativi, modifiche dell’impianto, cambi di gestione aziendale o qualora la normativa lo richieda.
Il gestore, contestualmente alla redazione del piano di autocontrollo, deve garantire la tracciabilità dei monitoraggi dei parametri dell’acqua, delle eventuali non conformità e delle manutenzione effettuate, provvedendo alla corretta compilazione della modulistica di monitoraggio.

La redazione del piano di autocontrollo non deve essere intesa come l’adempimento di un mero obbligo normativo, bensì la stesura di un protocollo/guida da seguire per la gestione interna di tutte le condizioni sfavorevoli di un impianto.
Come indicato dal punto 5.2 della D.G.R 1092/2005, “ il responsabile della piscina verifica che i controlli interni siano eseguiti secondo il protocollo di gestione e di autocontrollo redatto sulla base della valutazione del rischio, in cui è considerata ogni fase che potrebbe rilevarsi critica nella gestione dell’attività.”

Il piano di autocontrollo, previsto dall’Accordo Stato-Regioni del 16 gennaio 2003 e disciplinato in Emilia-Romagna dalla DGR 1092/2005, rappresenta lo strumento principale per garantire la sicurezza igienico-sanitaria degli impianti natatori.
Come specificato nel precedente approfondimento, non si tratta di un mero adempimento formale, ma di un processo finalizzato a identificare i pericoli, valutare i rischi e predisporre misure correttive efficaci.
Il gestore dell’impianto ha la responsabilità di redigerlo, conservarlo presso la struttura e renderlo disponibile alle autorità competenti, garantendo così la tracciabilità delle attività di controllo e manutenzione.

Il piano deve consentire di mantenere sotto controllo i parametri critici della qualità dell’acqua e degli ambienti, prevenendo situazioni di rischio per i bagnanti.
Tra i principali parametri chimico-fisici da monitorare vi sono: pH compreso tra 6,5 e 7,5, concentrazione di cloro libero tra 0,7 e 1,5 mg/l, temperatura dell’acqua e limiti microbiologici previsti dalla normativa. La non conformità a tali limiti deve attivare azioni correttive immediate, come la sospensione temporanea della balneazione, la regolazione dei dosaggi dei disinfettanti o interventi straordinari di sanificazione.

Il piano deve includere uno schema dell’impianto dettagliato, con vasche, locali tecnici, spogliatoi e percorsi sporco/pulito, indicando la posizione delle apparecchiature di trattamento acqua.
Esempio pratico: la planimetria deve mostrare la linea idraulica completa dall’immissione dell’acqua alla vasca, compresi filtri e sistemi di dosaggio del disinfettante, così da individuare eventuali ristagni o zone critiche.

L’organigramma definisce ruoli e responsabilità, indicando chi esegue i controlli interni giornalieri, chi firma i registri e chi deve essere contattato in caso di non conformità.
Esempio pratico: assegnare a un addetto la misurazione di cloro e pH due volte al giorno, e a un altro la supervisione della manutenzione ordinaria.

L’analisi dei pericoli identifica rischi chimici, microbiologici e fisici presenti nell’impianto.
Esempio pratico: valori del cloro superiore a 1,5 mg/l ;  pavimentazioni scivolose negli spogliatoi.

È fondamentale individuare le fasi nelle quali i pericoli possono manifestarsi, comprendendo approvvigionamento, trattamento e ricircolo dell’acqua, disinfezione, balneazione e pulizia di spogliatoi e aree comuni.
Esempio pratico: in vasche esposte alla luce naturale, un pH o cloro non controllato può favorire la proliferazione algale.

I punti critici sono quelle fasi nelle quali un controllo puntuale è essenziale per prevenire rischi.

Esempio pratico: il monitoraggio della concentrazione di cloro libero in vasca rappresenta un CCP, perché un suo abbassamento immediato aumenta il rischio microbiologico; il piano deve prevedere monitoraggio giornaliero e azioni correttive immediate.

Il piano richiede la predisposizione di un sistema di monitoraggio, con controlli giornalieri interni di pH, cloro e temperatura, e analisi microbiologiche periodiche affidate a laboratori accreditati.

Esempio pratico: registrare due rilevazioni giornaliere di pH e cloro e effettuare analisi microbiologiche per Pseudomonas aeruginosa e altri parametri stabiliti dalla normativa.

Le azioni correttive devono essere tempestive ed efficaci.
Esempio pratico: se il cloro libero raggiunge valori superiore a 1,5 mg/l, sospendere la balneazione, correggere il dosaggio e ripetere la misurazione prima di riaprire la vasca.

Infine, il piano deve prevedere le modalità di verifica e revisione, attraverso audit interni e controlli sull’efficacia delle misure adottate.
Esempio pratico: verifica mensile dei registri da parte del responsabile dell’impianto e riesame annuale del piano o aggiornamento immediato in caso di modifiche strutturali o gestionali.

In sintesi, il piano di autocontrollo non è solo un obbligo normativo, ma soprattutto uno strumento operativo fondamentale che consente al gestore di garantire la sicurezza igienico-sanitaria della piscina, documentare i controlli e intervenire in modo efficace in caso di anomalie, in conformità all’Accordo Stato-Regioni 16/01/2003 e alla DGR 1092/2005 dell’Emilia-Romagna.

Il registro di vasca è un documento dinamico, parte integrante del piano di autocontrollo, il quale garantisce la tracciabilità delle verifiche sulla qualità dell’acqua di vasca.

Tra i parametri che devono essere contenuti al suo interno troviamo:

  • Cloro attivo libero;
  • Cloro attivo combinato;
  • Cloro attivo totale;
  • pH;
  • Temperatura.

I parametri di cui sopra dovranno essere monitorati tenendo conto e tracciando il numero di bagnanti in vasca.
Inoltre, lo stesso deve essere integrato con il valore numerico presente nel contatore dell’acqua, a garantire la tracciabilità della quantità di acqua di reintegro.

Qualora il monitoraggio dei parametri suddetti rilevi il superamento dei limiti previsti dalla Tabella A dell’accordo stato regione del 2003, il gestore deve attuare le misure correttive previste dal piano di autocontrollo e registrare quanto eseguito nelle schede di monitoraggio giornaliere.

Come previsto dal punto 6.7 dell’Accordo di cui sopra, il registro di vasca dovrà essere a disposizione dell’Azienda Sanitaria competente per un periodo di almeno due anni.

Il registro di vasca può essere definito come il documento operativo giornaliero, che si pone come obiettivo il monitoraggio e tracciamento dei controlli interni eseguiti sull’acqua di vasca da parte del gestore.

La gestione dei prodotti chimici in fase liquida, utilizzati per la disinfezione dell’acqua, è un aspetto cruciale per garantire la sicurezza degli utenti e degli operatori negli impianti natatori pubblici e privati. Le normative nazionali e regionali, come l’Accordo Stato-Regioni del 16 gennaio 2003 e la Delibera della Giunta Regionale Emilia-Romagna n. 1092 del 2005, stabiliscono requisiti precisi per lo stoccaggio e la manipolazione di questi prodotti, con l’obiettivo di prevenire rischi sia per le persone sia per l’ambiente.

I bacini di contenimento rappresentano un elemento essenziale della sicurezza. Essi servono a raccogliere eventuali fuoriuscite accidentali dei prodotti chimici, evitando che sostanze pericolose possano contaminare il suolo o le falde acquifere. È importante che questi bacini siano realizzati con materiali resistenti agli agenti chimici presenti e che siano progettati in modo da prevenire qualsiasi dispersione nell’ambiente circostante. Le regole principali da rispettare per la capacità e gestione dei bacini di contenimento sono:

- volume almeno pari al 100% del volume del contenitore più grande stoccato o non inferiore a 1/3 del volume totale dei contenitori stoccati;

- divieto di stoccaggio nello stesso bacino di sostanze incompatibili, come acidi e basi;

- posizionamento su una superficie impermeabile e protetta dall'acqua piovana, secondo le indicazioni contenute nelle schede di sicurezza delle sostanze chimiche stoccate. 

E’ fondamentale che i prodotti chimici siano conservati in locali chiusi, sicuri e areati. Una corretta aerazione degli ambienti di stoccaggio aiuta a mantenere l’eventuale presenza di vapori al di sotto dei limiti di sicurezza, riducendo il rischio di esposizioni pericolose e incidenti.

Per garantire una gestione efficace, è utile seguire alcuni consigli pratici. Prima di tutto, è necessario assicurarsi che i locali di stoccaggio e i bacini di contenimento siano progettati, installati e mantenuti in conformità con le normative vigenti. È altrettanto importante fornire una formazione adeguata al personale, affinché conosca le procedure di sicurezza e le azioni da intraprendere in caso di fuoriuscite accidentali. Controlli periodici sull’integrità dei contenitori, che devono essere chiaramente etichettati, e sull’efficienza dei sistemi di ventilazione contribuiscono a prevenire incidenti e garantiscono che l’impianto operi sempre in sicurezza.

Inoltre, consultare regolarmente le schede di sicurezza (SDS) dei prodotti chimici utilizzati, che dovranno essere facilmente e rapidamente reperibili, permette di comprendere i rischi specifici e le precauzioni necessarie.

In sintesi, la gestione corretta dello stoccaggio e della manipolazione dei prodotti chimici è essenziale non solo per la sicurezza degli operatori, ma anche per tutelare la salute dei cittadini e proteggere l’ambiente. I gestori degli impianti devono adottare tutte le misure necessarie per garantire locali sicuri, sistemi di contenimento efficienti e una ventilazione adeguata, nel pieno rispetto delle disposizioni normative vigenti.

La norma CEI 64-8, suddivide l’area della piscina in tre zone di rischio elettrico per definire distanze, apparecchi consentiti e misure di protezione:

Zona 0: tutto il volume interno della vasca e del pediluvio, comprese nicchie accessibili agli utenti.

Zona 1: da tutto il perimetro del bordo vasca per 2 m in orizzontale e fino a 2,5 m in altezza; attorno a trampolini, blocchi, scivoli ecc. si aggiungono 1,5 m orizzontali e 2,5 m in altezza.

Zona 2: ulteriore fascia di 1,5 m oltre la Zona 1, fino a 2,5 m in altezza; in totale fino a 3,5 m dal bordo vasca.

Gradi minimi di protezione IP

Zona 0: apparecchi con grado di protezione almeno IPX8; se sono previsti getti d’acqua per le pulizie, occorre protezione anche contro i getti (IPX8/IPX5).

Zona 1: IPX5; per piccole piscine al coperto che non si puliscono con getti d’acqua è accettabile IPX4.

Zona 2: IPX2 per piscine al coperto, IPX4 per piscine all’aperto e IPX5 dove si usano getti d’acqua per le pulizie.

Apparecchi consentiti e accorgimenti

  • In Zona 0 possono essere installati solo apparecchi specificamente certificati per immersione continua. Tipicamente fari a LED per piscina con corpo stagno e guarnizioni resistenti alla pressione.
  • In Zona 1 possono essere posizionati invece apparecchi resistenti agli spruzzi d’acqua come applique, faretti da parete o da incasso, strip LED IPX5+, purché alimentati in sicurezza e certificati per uso esterno.

Interruttori, comandi e dispositivi di protezione non possono essere installati in Zona 0 e 1, salvo comandi per circuiti SELV ≤ 12 V AC o 30 V DC con sorgente fuori dalle Zone 0-1 (o in Zona 2 con RCD ≤ 30 mA).

Collegamenti equipotenziali e protezioni

È obbligatorio il collegamento equipotenziale supplementare delle masse e delle masse estranee nelle Zone 0, 1 e 2, collegandole ai conduttori di protezione, includendo i pavimenti non isolanti.

Tutti i circuiti in prossimità della piscina devono prevedere protezione differenziale ad alta sensibilità dove richiesto dalla norma, con scelta del tipo di RCD coerente con i carichi presenti.

Verifiche periodiche impianto elettrico (DPR 462/01)

Nei luoghi di lavoro con piscina, l'impianto elettrico è soggetto a verifiche iniziali e periodiche ai sensi del DPR 462/01, con periodicità quinquennale o biennale in base alla classificazione del luogo. Le verifiche periodiche devono essere effettuate ogni 5 anni, periodicità ridotta a 2 per cantieri, locali medici e ambienti a maggior rischio d'incendio

Per la realizzazione, trasformazione e l’ampliamento di un impianto elettrico, in questo caso previsto all’interno di una piscina, la normativa di riferimento, il DM 37 del 22/01/2008, all’art. 8 “obblighi del committente o del proprietario”, stabilisce che venga incaricata un’impresa abilitata ad eseguire suddetti lavori. A tal fine, uno dei controlli da fare è la consultazione della visura camerale per la verificare della corrispondenza tra le abilitazioni presenti nella sezione dedicata e le attività commissionate.

Al termine dei lavori, previa effettuazione delle verifiche previste, l’installatore rilascia una dichiarazione di conformità (DI.CO) degli impianti realizzati nel rispetto delle norme. Inoltre, per alcune tipologie di impianti, indicate sempre dal D.M 37 del 2008, all’art. 5 com. 2, viene rilasciato al committente/proprietario della commissione un progetto redatto da un professionista iscritto negli albi professionali o nei casi previsti dall’art. 7 viene redatto dal responsabile tecnico dell’impresa installatrice.

All’interno della dichiarazione di conformità sono riportate tutte le caratteristiche dell’impianto come:

· l’identificazione del proprietario;

· la tipologia dell’impianto (di solito l’impianto natatorio è classificato sotto la voce “altri usi”);

· i dati del tecnico che ha redatto il progetto;

· le norme rispettate per la realizzazione dell’impianto;

· l’elenco di tutti gli allegati.

Una volta realizzato un impianto elettrico ed ottenuta la dichiarazione di conformità, lo stesso deve essere denunciato all’INAIL, al fine di ottenere un numero di matricola, tramite un portale telematico sul quale verranno caricati i diversi dati e la dichiarazione stessa.

Nel corso degli anni di vita dell’impianto, il datore di lavoro, o in questo specifico caso il proprietario di un impianto natatorio dove insiste un impianto elettrico, è obbligato a garantire nel tempo la permanenza dei requisiti dell’impianto garantiti dalla dichiarazione di conformità.
Per fare ciò, il datore di lavoro, oltre a far effettuare delle manutenzioni, richiede una verifica periodica dello stesso, come previsto dal DPR 462/2001, che possono essere effettuate o dall’AUSL competente per territorio o da un organismo privato abilitato. La periodicità da rispettare per richiedere l’effettuazione delle verifiche periodiche è prevista ogni 2 o 5 anni dalla data della dichiarazione di conformità a seconda della natura dell’impianto, in base alla potenza installata, l’eventuale pericolo di esplosione/incendio o se l’impianto è soggetto a Certificato Prevenzione Incendi (CPI) da parte dei vigili del fuoco.
Al termine della verifica, l’organismo che si è occupato dell’effettuazione, rilascerà un verbale di verifica periodica che riporterà i dati del committente, dell’impianto, delle prove eseguite con la strumentazione utilizzata e l’esito finale della verifica.

La mancata effettuazione della verifica periodica, comporta una sanzione secondo l’art. 86 del D.Lgs. 81/08.

Il rischio di annegamento è uno dei principali rischi d’incedente in piscina. Come dimostrato statisticamente, i maggiori incidenti a riguardo coinvolgono i bambini, anche con pochi centimetri d’acqua.

MAGGIORI FATTORI DI RISCHIO

  • Mancata supervisione, soprattutto per bambini e persone non in grado di nuotare;
  • Scivolate o traumi, cadute sul bordo bagnato possono causare perdita di coscienza o incapacità di riemergere.
  • Stanchezza o crampi durante il nuoto , anche un buon nuotatore può trovarsi in difficoltà.
  • Assenza di barriere o coperture nel bordo vasca
  • Consumo di alcol o farmaci, i quali riducono i riflessi e la capacità di giudizio.
  • Giochi pericolosi, tuffi in zone poco profonde, apnea prolungata, spinte sott’acqua.

Considerando che l’annegamento è un processo silenzioso che può manifestarsi in poco tempo, risulta fondamentale adottare una serie di misure preventive e protettive tempestive, adeguate alle caratteristiche dell’impianto.

Tra questi ritroviamo:

·       Requisiti strutturali. Inclusi: presenza di galleggianti salvagenti (che non deve sostituire la sorveglianza), cordino di sicurezza nel bordo piscina quando la vasca è chiusa   o cancello richiudibile automaticamente);

·       Requisiti organizzative. Inclusi: sistema di vigilanza attiva e passiva, applicazioni di regole chiare tra cui il divieto di tuffi nelle zone pericolose, evitare di usufruire di alcol e farmaci sedativi)

·       Requisiti del personale. Inclusi: presenza di personale qualificato in grado di mettere in atto interventi di primo soccorso nell’eventualità di dover affrontare un’emergenza annegamento).

Queste vanno integrate ad un sistema educativo e formativo nei confronti di bambini e non, al fine di adottare comportamenti sicuri, ammettendo agli impianti solo persone in grado di saper nuotare.

I gestori dell’impianto sono i primi responsabili e hanno l’obbligo di tenere conto delle condizioni dei potenziali rischi d’annegamento, valutarlo in relazione al proprio impianto e mettere in atto le dovute misure preventive, protettive e organizzative.

All’interno di un impianto natatorio il ciclo dell’acqua presente in vasca segue un percorso ben definito.

Affinché l’acqua possa rispettare i parametri previsti dalla normativa vigente, le piscine devo essere dotate di un idoneo sistema di trattamento dell’acqua formato da:

  • IMPIANTO DI CIRCOLAZIONE
  • IMPIANTO DI FILTRAZIONE
  • IMPIANTO DI DISINFEZIONE

L’impianto di circolazione, approfondito in questa sezione, garantisce il movimento dell’acqua, mantenendo omogenea in tutti i punti della vasca temperatura e prodotti disinfettanti.

Tale impianto è formato da diversi sistemi, tra cui:

  • Punti di immissione dell’acqua, che consentono, dopo i processi di filtrazione e disinfezione il reinserimento di acqua pulita e trattata;
  • Punti di ripresa superficiali (skimmer e bordi sfioratori), che raccolgono l’acqua in superficie raccogliendo i detriti galleggianti;
  • Vasche di compenso, raccolgono l’acqua derivante dagli skimmer e/o bordi sfioratori con lo scopo di mantenere costante il livello dell’acqua e gestire il ricircolo;
  • Sistemi di alimentazione dell’acqua di reintegro, sul quale deve essere installato un contatore per la verifica del volume d’acqua effettivamente immesso.

SKIMMER: sono installate sul bordo interno della vasca, caratterizzata da una fessura che permette il passaggio dell’acqua in entrata e in uscita.

BORDI SFIORATORI: sono installate oltre il bordo e permettono il passaggio dell’acqua nella vasca di compenso per i successivi passaggi nei sistemi di filtrazione e disinfezione.

Ultimo aggiornamento: 04 dicembre 2025, 11:04